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giovedì 28 febbraio 2013

Headshot

Sottosopra


Film thailandese del 2011 diretto da Pen-ek Ratanaruang.

Tul è un ex poliziotto diventato un sicario al soldo di una misteriosa organizzazione che ha lo scopo di eliminare politici corrotti e potenti che si considerano al di sopra della legge.
Durante una missione viene colpito alla testa e rimane in coma per tre mesi. Al risveglio il mondo gli appare letteralmente sottosopra, capovolto. La sua carriera sembrerebbe terminata qui, il suo handicap parrebbe non consentirglielo. Ma qualcuno sta cercando di ucciderlo.



Pen-Ek Ratanaruang è uno strano regista. Oscilla tra il dramma intimista e il thriller anfetaminico, tarantiniano.
Headshot è un thriller cupo, disilluso, che mostra un paese marcescente, minato alla base da una corruzione inestirpabile.
A suo modo atipico, pur rientrando nei canoni del crime-movie, può vantare una splendida fotografia e delle scene mirabili, come la sparatoria nel bosco, davvero inquietante.

Ma non è sicuramente il classico film d'azione, troppo intimista, a suo modo raffinato e complesso.  Nessuno è quello che sembra, i ruoli si invertono, è un mondo sottosopra. poliziotti assassini e puttane sante. Non tutto è spiegato, ma forse è meglio così. Come in Nymph il fascino sta proprio nel non detto, nell'inspiegabile.


È una via di mezzo tra l'introspezione, la laconicità di Ploy e l'azione, i colpi di scena di Ruang talok 69.
Pen-ek Ratanaruang è un regista che deve ancora trovare la sua strada. Con Headshot sembra essere sulla buona strada.

7/10

Headshot (2011) on IMDb


musica appropriata: Nohtenkigengo, Banyan






martedì 26 febbraio 2013

Kon-tiki

Una zattera nella corrente


Film norvegese del 2012 diretto da Joachim Rønning e Espen Sandberg.

Thor Heyerdahl ha l'avventura nel sangue, Thor Heyerdahl ha un carattere indomito e niente può fargli paura, Thor Heyerdahl è convinto che delle sua gesta si parlerà per secoli.
Thor Heyerdahl ha una idea originale: la sua tesi è che la colonizzazione della Polinesia  sia stata realizzata da genti provenienti dalla lontana America del sud, che a bordo di zattere e con il semplice favore delle correnti, raggiunsero le remote isole coralline del Pacifico.

Tanti piccoli indizi a sostegno della sua teoria non bastano, però, a convincere le autorità scientifiche a pubblicare il libro, frutto delle fatiche di dieci anni di studi. Thor dovrebbe dimostrare che il viaggio è possibile. Quale migliore occasione per mettere alla prova il suo coraggio?
Decide così, con l'aiuto di amici non proprio esperti di mare, di costruire una enorme zattera, chiamata Kon-tiki, che dalle coste peruviane lo possa portare fino in Polinesia.
Un viaggio di 8000 chilometri, in balia delle correnti, degli squali, dei capricci del mare, delle tempeste e di interminabili bonacce.

Peccato che nel 1947 le conoscenze genetiche e linguistiche fossero ancora agli albori. Thor Heyerdahl si sarebbe reso conto che le sue teorie non poggiavano su basi così solide. Con il suo viaggio poteva dimostrare soltanto che il viaggio era possibile. Adesso, grazie soprattutto agli studi di Luigi Cavalli Sforza, si sa che l'uniformità genetica delle isole del Pacifico è sorprendente, così come l'uniformità linguistica. L'unica valida ipotesi, a tutt'oggi, è che una popolazione partita dalla Cina meridionale, parlante  una lingua austronesiana, sia arrivata in Indonesia e nelle Filippine. Da qui si sia irradiata nelle miriadi di isole che costituiscono la Polinesia, la Micronesia e la Melanesia. Si tratta di un evento relativamente recente, il che non ha permesso ai colonizzatori di raggiungere una particolare diversità etnica e linguistica.


Kon-tiki è (fortunatamente) un film europeo, il che ha fatto sì che la retorica, i colpi ad effetto siano leggermente smorzati  e il film non sia un film ruffiano alla maniera hollywoodiana. I personaggi sono autentici: sono uomini, non eroi senza macchia e senza paura. Hanno dubbi, paure, ossessioni, ma anche passioni trascinanti, fede incrollabile, slanci e contraddizioni. Non sono marionette senza spessore e profondità.
Memorabili, grazie ad una fotografia sontuosa, le innumerevoli scene di mare:  squali toro, pesci volanti, lampughe, megaplancton scintillante, balene e squali balena. E l'immensità dell'oceano Pacifico.
Candidato all'Oscar
6,5/10

Kon-Tiki (2012) on IMDb


musica appropriata: Testbild! The ocean Tango


domenica 24 febbraio 2013

Megane

Crepuscolando


Film giapponese del 2007 diretto da Naoko Ogigami.
Un areo atterra nel piccolo aeroporto di una isola tropicale. Ne scende una donna con un saio marrone. Pochi bagagli, si dirige a passo deciso verso la spiaggia. Il mare turchino è placido grazie alla barriera corallina che protegge  l'intera isola. La sua meta è un chiosco sulla spiaggia bianca. L'uomo e la donna che la stanno aspettando, al suo arrivo si prostrano in un lungo inchino. Il suono di violoncello amplifica la sensazione di pace e serenità. Il mare e la vegetazione rigogliosa sembrano ondeggiare al ritmo della musica. La signora Sakura è arrivata nel suo paradiso.
Seconda scena: un areo atterra nello stesso aeroporto. Ne scende una donna con una grande valigia, Taeko. Faticosamente si dirige verso la spiaggia che già conosciamo. Rifiuta la granita che la signora Sakura le propone e, consultando una mappa un po' approssimativa, a dire il vero, arrancando, sudando e imprecando, finalmente raggiunge la sua meta: un piccolo albergo sulla spiaggia.
La signora Taeko è una turista classica: cerca comodità e divertimento, buon cibo e nient'altro. L'albergo in cui è capitata, invece, sembra non offrirle nulla di tutto questo. Sembra che i gestori del posto siano colpiti da una grave forma di accidia. Passano il tempo a contemplare il mare, a sorbire granite, a "crepuscolare", che è un abitudine locale  per far passare il tempo senza fare assolutamente nulla.

Il mare di un turchino accecante, sempre placido e sonnolento,  sembra sorridere della irritazione, della insoddisfazione che sta rovinando la vacanza della signora Taeko. Probabilmente lei avrebbe bisogno di un nuovo paio di occhiali, che le permettano di guardare il mondo con occhi diversi. Di assaporare il gusto delle piccole cose, dei piccoli piaceri quotidiani: fare strani esercizi yoga (merci) sulla spiaggia solo per il gusto di condividere un gesto, ascoltare rapiti il rumore della sabbia che scricchiola al passaggio di una lucertola verde, guardare per ore una pentola di fagioli azuki cuocere lentamente, perché è importante non avere fretta. E, soprattutto, imparare a crepuscolare. Placidi e assorti.


I film della Ogigami sono indubbiamente dei film particolari. Kamome diner parlava di una piccola locanda e dell'importanza degli onigiri in Finlandia, Yoshino's barber  di capelli a caschetto e della necessità di cambiare acconciatura.
Piccoli film, con una trama esile esile, ma che posseggono quel non so che che li rende affascinanti. Sarà la vena ironica, sarà il surrealismo appena accennato, sarà la bravura e la simpatia degli attori (sempre gli stessi), sarà la magnificenza della fotografia, sarà...  Per apprezzarli bisogna, però, cambiare le lenti degli occhiali, fare qualche esercizio merci e, soprattutto, la sera crepuscolare. Per qualche minuto almeno.


Sto cercando di capire in quale meravigliosa isola sia stato girato questo film. Non ho trovato indicazioni al riguardo. Ho fatto alcune ipotesi: forse è l'isola di Iriomote, tra il Giappone e Taiwan. Isola famosa per un gatto endemico. Bellissimo
9/10
Glasses (2007) on IMDb   

musica appropriata:  Shugo Tokumaru, L.S.T.

sabato 23 febbraio 2013

Barbara

Cocci aguzzi


Film tedesco del 2012 diretto da Christian Petzold.

Germania dell'est, fine degli anni '70, Barbara è una dottoressa trasferita per punizione da Berlino in un piccolo paese di provincia. Qui, nel piccolo ospedale svolge il suo lavoro senza slanci, cercando di non immedesimarsi troppo nelle tragiche storie in cui si imbatte quotidianamente.  Vorrebbe raggiungere il suo amante, che vive all'Ovest, e che ha pianificato in ogni minimo dettaglio la sua fuga; ma, quando tutto sembra ormai deciso, quando sembra fugato ogni dubbio, un imprevisto la costringerà a dover fare una scelta vitale. Dovrà decidere tra  libertà e dovere, tra amore e responsabilità.

L'apparato di controllo della DDR era capillare, nessuno poteva dirsi al sicuro dall'occhio vigile della Stasi (il più avanzato e sofisticato organismo di sorveglianza e terrorismo psicologico mai visto). Impossibile sapere da dove provenisse la minaccia, amici, conoscenti, vicini di casa, chiunque poteva rappresentare un pericolo. "Ognuno è un potenziale rischio per lo Stato", i nemici erano ovunque, nemico era chiunque la pensasse diversamente. Nemico era anche chi desiderava qualcosa di materiale, chi aveva contatti con l'Ovest capitalista. I cittadini erano spiati, pedinati, perseguitati, umiliati di continuo e spesso anche torturati.

Questo il clima plumbeo del film, questa la realtà da incubo da cui la protagonista vuole fuggire.
Ma Barbara ama anche il suo lavoro, ha un atteggiamento ambivalente verso il suo paese, di cui percepisce anche gli aspetti positivi. In fondo, nonostante la sua freddezza, non riesce ad essere insensibile alla sofferenza e si rende conto che il suo lavoro, la sua competenza, soprattutto in un piccolo ospedale, sono necessari. L'arrivo di Stella, una detenuta in un campo di lavoro, e il suo rapporto sempre meno improntato al sospetto reciproco con un medico, suo collega tenderanno a spezzare la sua sensazione di provvisorietà.  Restare richiede grande coraggio, che non tutti posseggono, restare, "seguitando una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia", è un gesto da eroi. Veri.

Ovviamente, il film è stato accostato a Le Vite degli altri ma, Barbara è un film che gioca carte meno scontate, non ha la pretesa di soddisfare i palati sia della critica che del grande pubblico, ha una trama molto lineare, per niente spettacolare. Autentica. Non manipola facilmente i sentimenti, è un film antiretorico. Freddo, proprio come la sua protagonista, eppure capace di emozionare.

8/10

Barbara (2012) on IMDb


musica appropriata: 17 Hippies





venerdì 22 febbraio 2013

Attenberg

Teen movie?


Film greco del 2010 diretto da Athina Rachel Tsangari.
Il cinema greco è da un po' di tempo a questa parte capace di stupire. Registi come Lanthimos, Costas Zapas, Makridis, Economidis ormai spopolano nei festival internazionali.
Attenberg è un film strano, da amare incondizionatamente o da odiare profondamente. 
Per riuscire ad amarlo bisogna entrare nella psicologia di Marina, la strana ragazza protagonista.
Una disadattata, senza relazioni sociali, che guarda gli altri esseri umani come un etologo osserva il mondo animale, che sembra curiosamente carente di un istinto primario, fondamentale, il "nostro senso segreto", il senso di noi stessi: la propriocezione. È solo grazie ad essa che noi avvertiamo il nostro corpo come nostro, come nostra proprietà, Cosa è più importante per noi, ad un livello elementare, del controllo e del funzionamento del nostro essere fisico? Dovrebbe essere automatico, inconscio quel flusso sensorio continuo proveniente dai nostri muscoli e che ne controlla la posizione, il movimento, in modo automatico e per noi inconsapevole. 
Marina, invece, si muove a scatti, goffamente, come non percepisse il proprio corpo ma imitasse il comportamento di qualcun altro. Essere umano o animale, non importa. Tipico caso di aprassia motoria, anche se in forma lieve.
E manca anche di altri istinti primari, che non sono culturalmente trasmessi, come l'istinto sessuale. Il suo distacco anaffettivo è paradossale, come del resto paradossali sono tutte le sue manifestazioni esteriori, compreso anche il suo linguaggio. Lei parla come un libro stampato, con frasi spesso prive di senso,  sterili e impersonali; sembra ancorata alla prima fase dello sviluppo: quella del linguaggio egocentrico, con uso frequente di ecolalie (come nei disturbi autistici o nella sindrome di Tourette), e monologhi interminabili. Lontana sembra ancora la fase successiva, la normale evoluzione del linguaggio come interazione sociale.



Non è chiaro se questi deficit siano da attribuire alla mancanza di una figura materna o ad una infanzia traumatica. Lei sembra nata ieri, a 20 anni, improvvisamente. Come sbucata miracolosamente fuori da un cavolo. Come un novello Zelig, lei imita. E si costruisce una visione del mondo tutta sua; inimitabile, però. Eccentrici anche tutti gli altri personaggi di contorno: il padre, ammalato terminale, che giudica il XX secolo come sopravvalutato e desidera essere cremato perché il suo corpo, non più cibo per vermi, sia da nutrimento ai pesci dell'Egeo, o la sua unica amica, Bella, che sogna alberi di cazzi, si diverte a sputare dalla finestra o ad imitare il passo dell'oca con l'amica Marina.
Non so se sia un film politico, qualcuno lo ha visto come una bizzarra allegoria della situazione greca odierna, potrebbe anche essere, ma mi sembra un po' forzato.
Non tutti hanno apprezzato questo film, tanti, non immedesimandosi nel personaggio, si sono annoiati. Esemplare ad esempio la reazione di questo un po' sprovveduto utente di niente popcorn.
Questo è uno dei film che si ama o si odia. Impossibile rimanere indifferenti dopo la visione di un simile pastrocchio. Io l’ho odiato, profondamente. Mi ha irritato; non mi sono per niente immedesimato nelle menate semi autobiografiche della protagonista, nel suo disturbato approccio al sesso, nella sua eccentricità stereotipata. Uno di quei film prodotti per colpire le giurie dei festival, anni luce dal meraviglioso Kynodontas (prodotto dalla regista). Anche la colonna sonora con brani dei Suicide (Alan Vega, per me, è uno dei personaggi più sopravvalutati del rock anni 70) mi ha sfiancato.
Io invece ho amato Attenberg, e mi sono, come dire, affezionato alla sua protagonista, anche se non proprio immedesimato.       

7,5/10   
Attenberg (2010) on IMDb     

musica appropriata: colonna sonora del film
 

giovedì 21 febbraio 2013

La malas intenciones

Grumi


Film peruviano del 2011, diretto da Rosario Garcia-Montero.
Candidato agli Oscar come miglior film straniero, ha vinto anche numerosi premi in giro per il mondo (Premi speciale della giuria al Gramado Film Festival, ad esempio)
Lima, primi anni 80, Il Perù è sconvolto da episodi di violenza estrema; Sendero Luminoso e il Movimento rivoluzionario Tupac Amaru con le loro azioni terroristiche hanno dato inizio ad una lotta armata che ha causato la morte di 70.00 peruviani. Paradossalmente, le maggior parte delle vittime sono povera gente, contadini e abitanti della selva, quechua e asháninka, mentre il resto del paese, gli strati sociali più alti hanno percepito meno il conflitto.
Questa mattanza, proprio quando si stava per restaurare la democrazia con libere elezioni, "adottando una strategia orientata a suscitare, in modo cosciente e costante, risposte sproporzionate da parte dello stato, senza considerare la profonda sofferenza che ciò provocava alla popolazione per la quale si diceva di lottare" (CVR, Verità e Riconciliazione).
Leggendo il  romanzo del peruviano premio Nobel Mario Vargas Lllosa, Il caporale Lituma sulle Ande, ci si immerge in questo tormentato periodo storico, fondamentale per il Perù, si legge dei commandos di Sendero luminoso, della loro ideologia fuori tempo massimo, di come le loro azioni annichilissero una intera comunità.

Cayetana vive nella Lima degli anni '80. Una città gelida, catacombale, dove anche gli animali morti vengono esibiti come trofei, dove i blackout sono all'ordine del giorno e attentati continui terrorizzano la popolazione.

È una bambina solitaria, abita con la numerosa servitù in una villa alla periferia della città. Il padre, donnaiolo e superficiale, la snobba, la madre si è risposata ed è spesso via per affari. Lei si sente invisibile e sogna di compiere una azione eroica, volendo seguire le gesta degli eroi peruviani che hanno combattuto per l'indipendenza e e la libertà dl suo paese. L'arrivo di un fratellino la amareggerà ancora di più e radicherà in lei la convinzione che è preferibile la morte ad una vita senza luce, meglio non vedere, diventare ciechi come i pesci del fiume fangoso dove passa le vacanze.

Una bambina quasi sempre sola, con una madre non sempre presente e in attesa di un fratellino, è normale che covi un senso di frustrazione, di insoddisfazione, che senta dentro di sé come un grumo gelido, come un blocco di terra ghiacciata che non riesce a sciogliere.
Ha trascorso tutta la sua gioventù con quel macigno senza neanche accorgersi di quanto fosse freddo, gelido, cattivo.
L’arrivo di un fratellino sarà per lei un ulteriore trauma, un altro dolore, ma forse, come un raggio di sole primaverile, riuscirà a sciogliere quel grumo maligno.



Vampiri che escono di notte, inferni annunciati, cugine malate e nonne che aspettano la morte come una liberazione, il mondo di Cayetana è un mondo in lenta disgregazione, in continua sottrazione, fangoso e intorbidato dalla mancanza di relazioni, e da una fantasia molto sviluppata ma non proprio solare.
Una infanzia che vira al nero, un incubo a cui sembra partecipare la natura tutta: gattini nutriti a latte versato sulle loro teste, canarini curati con medicine per l'asma, cieli plumbei che preannunciano una pioggia che mai verrà.


'Mira, Isac, hoy día tuve que sacrificar a mi perro porque estaba vomitando sangre verde. Además tengo asma, migraña y angustia, así que no me hables'.

7,5/10


The Bad Intentions (2011) on IMDb


musica appropriata: colonna sonora del film




mercoledì 20 febbraio 2013

Le nevi del Kilimangiaro

Insalata alla nizzarda


Robert Guédiguian, padre armeno e madre tedesca, è un regista che in Francia è considerato, a ragione, pura espressione della gauche. Non quella radical-chic e un po' snobistica, intellettualoide, ma la gauche autentica, idealista, romantica, proletaria.
E tutti i suoi personaggi sono proletari. O meglio sono l'idealizzazione, la sublimazione della figura dell'operaio, rappresentano il proletario ideale. Personaggi sinceri, capaci di slanci di altruismo sbalorditivi nonostante che la loro vita non sia proprio rose e fiori. Uomini e donne che lottano per una causa, mai soltanto per i loro interessi, gente capace di amare veramente e non tradire mai una amicizia.

Sì, Guédiguian ama i propri personaggi. Non potrebbe mai tradirli, non potrebbe mai fargli interpretare una parte negativa. Anche per questo gira sempre con il suo fedelissimo gruppetto di attori, sempre gli stessi.

Anche nelle Nevi del Kilimangiaro il regista tesse la trama del film su questo ordito.
I protagonisti sono una coppia di mezza età: lui, sindacalista appena licenziato dalla fabbrica in cui lavora da una vita, lei, badante di una vecchia signora. Conducono una vita dignitosa, all'insegna dell'amicizia e della solidarietà genuina, ma non sono certo ricchi. Per le loro nozze d'argento hanno ricevuto, però, in regalo una certa somma di denaro e due biglietti per la Tanzania. Questi soldi saranno la causa di una brutale aggressione, che sconvolgerà le loro vite.

Film complesso, articolato: una storia di vita vissuta raccontata magistralmente, dei personaggi autentici; un vero trattato sui nostri tempi tristi, sulla globalizzazione, sulla sconfitta del movimento operaio, sullo scoprirsi reazionari e moralisti nostro malgrado, sull’amore, sullo scontro tra generazioni. Il tutto con tocco lieve, quasi da commedia.
E due attori grandiosi: Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin.
Insomma, come una insalata alla nizzarda, che sembra leggera ma ti sazia per un giorno intero.
9/10
The Snows of Kilimanjaro (2011) on IMDb


musica appropriata: Hey Marseilles, To travel and trunks


lunedì 18 febbraio 2013

Les Misérables

Macchiette e barricate


Film inglese del 2012, diretto da Tom Hooper.
Jean Valjean, dopo aver trascorso 19 anni ai lavori forzati per aver rubato una pagnotta, riacquista la libertà. Ma i suoi trascorsi non gli permettono trovare un lavoro onesto; decide così di cambiare identità, dandosi alla macchia. Diventa l'onesto sindaco di una piccola cittadina, proprietario di una fabbrica e padre di Cosette, una giovane orfana.

Mettere in scena il fluviale romanzo di Victor Hugo (o meglio il musical di Claude-Michel Schonberg e Alan Boubil) per Tom Hooper deve essere stata una specie di scommessa. L'operazione era indubbiamente rischiosa. E ancora più rischiosa la decisione di far cantare tutti gli attori in presa diretta. 
La scommessa è stata vinta. Almeno in parte, perché il regista non è riuscito ad evitare che non trasparisse l'eccesso di pathos, di kitsch, di romanticismo fuori dal tempo che caratterizzava il musical originale. Ma diverse scene, coinvolgenti, trascinanti, epiche bastano a riscattare l'operazione. 
La migliore in assoluto è The master of house, il numero musicale in cui entrano in scena i coniugi Thénardier (la coppia di perfidi locandieri che, insieme a Javert, rappresenta nel romanzo di Hugo la nemesi di Jean Valjean), qui svuotati di ogni personalità, diventati macchiette grottesche, secondarie. Eppure è proprio questo l'apice assoluto del film: un vero spettacolo, trascinante, divertente, ironico, dissacrante. Sembra una scena girata da un Tim Burton nella forma migliore. Riuscitissimo, in questo senso, affidare a Sacha Baron il ruolo di Monsieur Thénardier.
Peccato che nel resto del film si cambi completamente registro, si punti sull'esaltazione dei sentimenti, del pathos e del romanticismo un po' kitsch, dimenticando, oltretutto,  di inquadrare la storia nel periodo storico conseguente. Le ribellioni, le barricate, le rivolte popolari sembrano così svuotate di senso, risultano incomprensibili.
Lo stesso, importante nel libro, personaggio di Gavroche diventa qui una specie di monello simpatico e un po' saccente. Nient'altro. Nessun accenno al fatto che è figlio dei Thénardier.
Ovviamente è chiaro che non tutti la pensino allo stesso modo, che le opinioni siano diverse, anche contrastanti. Per tanti la visione di questo film è stata una vera emozione, come ad esempio qui su nientepopcorn.
È sempre un’arma a doppio taglio andare al cinema a vedere un film per il quale si nutrono altissime aspettative. La maggior parte delle volte si esce dalla sala perplessi o delusi, anche quando si è assistito alla proiezione di un buon prodotto, che però non è stato all’altezza di ciò che ci aspettavamo. Ed è molto raro che le aspettative non vengano deluse.
Da Les Misérables mi aspettavo molto. Conoscevo il musical originale, tutti i brani, avevo un’idea precisa di come avrebbe potuto essere degnamente portato sullo schermo, di come avrebbero dovuto essere rappresentati i personaggi, di quanto fosse necessario e difficile non tradire la matrice teatrale dell’opera originale e, al contempo, dare alla messa in scena un respiro storico più ampio e completo.
Tom Hooper è stato in grado di fare centro su tutto ciò che avevo pensato e sperato venisse realizzato, ha radunato un cast incredibile, che si è dedicato anima e corpo ai personaggi, mi ha sorpreso con alcune scelte registiche coraggiosissime ed efficaci, ha reso al capolavoro teatrale originale il giusto tributo. Non avrebbe potuto fare di meglio.
Sono uscito dalla sala commosso ed emozionato, con la voglia di vedere e rivedere il film.
In definitiva, un film da vedere 7/10
Les Misérables (2012) on IMDb  Musica appropriata:  Holy Wave, Knife Hits/The evil has landed  

sabato 16 febbraio 2013

Cortometraggi di animazione 2006 - 2008

2006 - 2008 


Nel 2006 sono stati scelti dall'Academy cortometraggi molto convenzionali, non particolarmente originali. Ha vinto l'Oscar The danish poet di Torill Kove, un lavoro della National Film Board, di solito una  fucina di autentici capolavori. Forse l'unico lavoro che spicca per un minimo di originalità è Maestro, dell'ungherese Géza M. Tóth. Realizzato interamente in computer grafica, è una divertente e allo stesso tempo triste metafora delle nostre aspettative frustrate.


2006

The danish poet
Lifted
The little matchgirl
Maestro
No time for nuts 



Nel 2007, invece, il piatto è ricco. Ricchissimo. Spicca su tutti il meraviglioso, inquietante, Madame Tutli-Putli, di Lavis-Szczerbowski. Un corto davvero unico, che colpisce per la ricchezza e meticolosità dei particolari, per la precisione dei dettagli (su tutti gli occhi della protagonista che sembrano veri, vivi e angoscianti). Se ne parla (benissimo) qui
Notevoli sono anche Peter and the wolf, di Suzie Templeton, un corto di quasi mezz'ora costato 5 anni di lavoro e My love di Aleksandr Petrov, che dopo il successo di Il vecchio e il mare (Oscar 1999), "dipinge" un altro romanzo, questa volta Istoriya lyubovnaya di Ivan Shmelyov, una classica vicenda di educazione sentimentale.


2007

Peter and the wolf
Even pigeons go to heaven
Madame Tutli-Putli
I meet the Walrus
My love 



Nel 2008 spicca  La Maison en petits cubes, un corto nostalgico e poetico  sull'importanza della memoria, salvando i ricordi di una vita (in questo caso minacciati dall'acqua che avanza inesorabile). Interessante anche This way up: due originali becchini e un cadavere che proprio non ne vuole sapere di essere sepolto. Divertente, a suo modo.



2008

Ma maison en petits cubes
Lavatory
Oktapodi
Presto
This way up 



musica appropriata: Frontier Ruckus, Eternity of dimming




martedì 12 febbraio 2013

Cortometraggi di animazione 2001-2005

2001 - 2005

Bellissimi cortometraggi sono stati scelti dall'Academy in questi 5 anni. Alcuni molto famosi, come quelli della Pixar, For the birds o One man band, altri meno conosciuti ma ugualmente interessanti, come The Mysterious Geographic Explorations of Jasper Morello. C'è anche 9 di Shane Acker, che poi diventerà un lungometraggio.

2001

For the birds
Fifty Percent Grey
Give Up Yer Aul Sins
Strange Invaders
Stubble Trouble 





2002

The ChubbChubbs!
Katedra
Mike's new car
Mt. Head
Stubble Trouble 




2003

Harvie Krumpet
Boundin'
Gone nutty
Nibbles
Stubble Trouble 




2004

Ryan
Birthday boy
Gone nutty
Gopher broke
Guard dog




2005

The Moon and the Son
Badgered
The Mysterious...of Jasper Morello p.1
The Mysterious...of Jasper Morello p.2
The Mysterious...of Jasper Morello p.3
9
One man band



musica appropriata: Brothers in Law, Hard times for dreamers




lunedì 11 febbraio 2013

Cortometraggi di animazione 1996-2000

1996 - 2000


In questi cinque anni l'Academy ha scelto diversi cortometraggi notevoli. Su tutti, The old man and the sea e Mermaid di Alexander Petrov, The periwig maker di Steffen e Annette Schäffler. Father and daughter di Michael Dudok de Wit e When the day breaks di Wendy Tilby e Amanda Forbis. E anche un corto di Sylvain Chomet, autore e regista di Appuntamento a Belleville.

1996

Quest
Canhead
La salla
Wat's pig



1997

Geri's game;
Famous Fred
Mermaid
Redux riding hood
La vielle dame et les pigeons



1998

Bunny
The Canterbury tales
Jolly Roger
More
When life departs 



 1999

The old man and the sea parte 1
The old man and the sea parte 2
3Misses
Humdrum
My Grandmother Ironed the King's Shirts
When the day breaks



2000

Father and Daughter
Periwig Maker parte 1
Periwig Maker parte 2
Rejected 




musica appropriata: Akron/Family, Love is simple





venerdì 8 febbraio 2013

Dedemin Insanlari

Creta in my mind

Film turco del 2011 diretto da Çagan Irmak.
Mehmet ha vissuto la sua infanzia nell'isola di Creta, ma un brutto giorno, per accordi internazionali, è costretto, come come i suoi connazionali turchi, a lasciare l'isola. Il suo sogno è di poter, almeno una volta nella vita, visitare la sua casa di infanzia.


Un film davvero ben fatto, che sa toccare le corde dell’emozione senza essere troppo retorico.
Dopo il trattato di Losanna, nel 1923, l’intera popolazione turca dell’isola di Creta è stata costretta a lasciare le proprie case e i propri terreni ai profughi greci in arrivo. Molti dei quali erano cristiani convertiti all’islamismo.
Questa diaspora ha segnato la vita del protagonista del film, il solare Mehmet, un uomo giusto, di vecchio stampo, che, pur trovandosi bene in Turchia, vorrebbe almeno visitare il suo luogo di nascita. Ma tra la Turchia e la Grecia i conflitti non sono mai mancati. Problemi politici, il mai risolto caso di Cipro e vari colpi di stato hanno sempre ostacolato l’avverarsi del suo sogno.


Riusciranno i messaggi nelle bottiglie che lui affida alle correnti marine a raggiungere, almeno loro, la tanto amata Creta?
Un film corale, un ritratto di una bella e dignitosa famiglia turca.
Una domanda sorge quasi inevitabile: come mai la cinematografia turca è così vitale e la nostra tanto moribonda?

8/10
My Grandfather's People (2011) on IMDb


musica appropriata: Aynur Doğan - Dawzer


O cheiro do ralo

Fetori


Film brasiliano del 2006 diretto da Heitor Dhalia.
Lourenço vende e acquista oggetti usati approfittando delle difficoltà economiche dei clienti. L'attività va bene, i profitti sono discreti, tanto che sta anche per sposarsi. Un unico cruccio lo assilla: il fetore che fuoriesce dallo scarico del gabinetto dell'ufficio. Non riesce proprio a venirne a capo, tanto che sospetta che sia lui stesso a puzzare.  



Da sempre si pensa che le reazioni emotive associate ad un odore particolare siano "archetipi di un linguaggio olfattivo e parlano all'inconscio umano in modo più eloquente e convincente di un discorso"  (Kirk Smith, Van Toller e Dodd, nel loro esperimento del 1983).
La puzza, l'orrendo fetore sprigionato dallo scarico della latrina è, quindi, una metafora non troppo velata  del malessere psicologico che tormenta Lourenço, un uomo disturbato emotivamente, che passa la vita guardando film porno, che non è capace di avere la minima relazione con il prossimo, che è convinto che tutto si possa comprare, che vive sfruttando le debolezze di chi è in difficoltà finanziarie, umiliandolo.
Fetori (veri o simbolici), clienti strampalati, oggetti improbabili, soldi che comprano tutto: una metafora sbilenca del capitalismo.
Basato sul primo romanzo di Lourenço Mutarelli, un vignettista abbastanza famoso in patria, il film ha vinto numerosi premi in Brasile e in tutta l'America latina.


7/10
Drained (2006) on IMDb


musica appropriata:  Tulipa Ruiz, Efêmera


domenica 3 febbraio 2013

The elephant and the sea / Girl in the water

Il male e il mare


Film malese del 2007 diretto da Woo Ming Jin.
Una misteriosa epidemia uccide i pesci e sembra influire anche sulla psiche degli abitanti di un tranquillo villaggio di pescatori malesi.
La malattia colpisce la moglie di Ah Ngau, che rimasto vedovo, riceve dal governo 300 € e un inutile pacco di donazioni umanitarie. Il lutto sembra non colpirlo più di tanto, spende tutti i suoi soldi in prostitute, pensando di trovare nel sesso la soluzione alla sua solitudine.
Yu Ding si guadagna da vivere con piccole truffe e raggiri, aiutato dall'amico Long Chai. La malattia misteriosa colpirà anche lui: il suo amico morirà improvvisamente e lui si troverà solo, disperato, disposto a tutto pur di sopravvivere, anche a vendere la sorella dell'amico ad un mercante di donne
.  



Un film strano, immerso in una atmosfera ovattata, misteriosa, di attesa. L'epidemia misteriosa rimane tale, ma il male si insinua nel villaggio, subdolamente, quasi impercettibilmente. E fa soffrire, soprattutto chi rimane solo.
Bellissima la fotografia. Il film ha vinto il premo speciale della giuria al Torino Film Festival.
Interessante anche Il corto del 2011 Girl in the water dello stesso regista. Anche qui bellissimi paesaggi marini (mangrovie), anche qui si affaccia il mistero che viene dal mare. Ha vinto il premio come miglior cortometraggio al Robert Festival di  Copenhagen.

8/10

The Elephant and the Sea (2007) on IMDb
musica appropriata:  Mr. Pelton's Weather Machine

sabato 2 febbraio 2013

Ploy

Scene da un matrimonio 


Film thailandese se del 2007 diretto da Pen-Ek Ratanaruang.
Wit torna in Thailandia dopo dieci anni per partecipare ad un funerale. Nel bar dell'albergo dove pernotta incontra Ploy, una ragazzina che aspetta il ritorno della madre. Wit le propone di riposare nella sua stanza, suscitando però la gelosia della moglie che, dopo una sfuriata, si reca in un bar dove incontra un vecchio amico che la invita a casa.


Dopo Ruang talok 69 e, sopratutto, dopo il bellissimo Last life in the universe, Pen-Ek Ratanaruang ha confezionato opere non del tutto convincenti, ripetitive (Invisible waves) o eccessivamente ermetiche, anche se suggestive (Nymph).
Ploy è probabilmente il punto più basso toccato nella sua carriera. Pur affrontando i suoi consueti argomenti: incomunicabilità, difficili rapporti di coppia, gelosia e tradimento, l'importanza del sesso come collante di un matrimonio in crisi, il film risulta superficiale e con uno stile poco personale, ricordando in certi momenti certe opere di Tsai Ming-liang.


Pur con tutti questi difetti, è comunque un film godibile e che merita una visione
6,5/10
Ploy (2007) on IMDb
musica appropriata:  Dump, Secret Blood