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venerdì 3 maggio 2013

L'umanità

Gli abbracci spezzati


Film francese del 1999 diretto da Bruno Dumont.

Il corpo di una bambina viene trovato nelle campagne di una cittadina del nord della Francia. Pharaon è un ispettore di polizia incaricato di far luce sul caso. È un uomo semplice e malinconico, la crudeltà lo sconvolge. Le indagini vanno a rilento e le piste da seguire sono inconsistenti.

Il mondo è bello e crudele. Tanto crudele. Io non sopportavo tutte queste atrocità, mi immedesimavo nella sofferenza e ne uscivo annichilito, a pezzi. Qualcosa dovevo pur fare per placare questo tormento che pesava sulla mia anima. E la facevo: correvo, urlavo, mi sfogavo, davo di matto. Dicevano che ero scemo. Può darsi, che importa. Quando tutto va per il verso storto, ci si abitua a qualsiasi efferatezza, si finisce per vivere come macchine, annientati dalla routine, dalla noia. Tutto si raffredda. Io, però, non mi rassegnerò mai, non potrei sopportarlo. E allora mi astraggo, il mio pensiero vaga, lontano, libero. In una meravigliosa radura, in vallate piene di fiori. Chissà dove. Un giorno farò solo quello che mi sentirò di fare e percorrerò il mondo in lungo e largo, perché è giusto e perché mi appartiene. Un giorno, non oggi.

Incredibile la capacità di Dumont di tratteggiare la psicologia dei suoi personaggi. Alla fine del film è come se li avessi conosciuti di persona. Una capacità che è riscontrabile soltanto in Mike Leigh. Con una differenza sostanziale: i personaggi del regista inglese, pur sfortunati, perdenti, spesso caricaturali, sono sempre positivi, teneri; figure in cui viene spontaneo immedesimarsi. La cosa diviene impossibile, invece, con i protagonisti dei film di Dumont: complessi, pieni di tic, con un passato oscuro, vacui,  meschini o crudeli. Pharaon  ha lo sguardo spesso perso nel vuoto, sembra assente, ogni tanto abbraccia qualcuno, così, per consolarlo, quasi per riscattare l'intera umanità con il suo gesto. Ma è un abbraccio sterile, grottesco, privo di qualsiasi pathos.
Il cinema di Dumont è un cinema crudele, da prendere a piccole dosi, meglio non esagerare.

9/10
 L'humanité
(1999) on IMDb

musica appropriata: Josh Ritter, In your arms





giovedì 2 maggio 2013

L'età inquieta

Le anime morte


Film francese del 1997 diretto da Bruno Dumont.

Freddy è una ragazzo epilettico, non troppo sveglio, che vive con la madre e passa le sue giornate in folli corse con il motorino. A modo suo, ama la sua ragazza ma a lei preferisce la vita di branco con il suo gruppo di amici. Sarà la noia, la mancanza assoluta di un qualsiasi interesse, che spingerà i ragazzi ad un gesto brutale, di cui non riescono a comprendere la gravità.

Quando mi risvegliai, lì nell'erba alta, sentii che le circonvoluzioni del mio cervello fossero come ricoperte di ragnatele e di polvere. Non era, però, una sensazione nuova. Mia madre mi diceva sempre che già da tempo avevo portato il cervello all'ammasso. Probabilmente non aveva tutti i torti. Ma la colpa non era mia, né nostra. Era la noia che ci uccideva, implacabile e assoluta. Era come se la vita si fosse dimenticata di noi e del nostro piccolo villaggio. Qui tutto continua sempre uguale, non succede nulla. Qualcosa dovevamo pur fare. Non necessariamente la cosa giusta. E poi era soltanto un arabo, mica un essere umano.
In questo momento, però, sono felice: il mondo mi appare così gioioso, lineare, rassicurante. Sì, ho fatto la cosa giusta. Forse.

Esordio col botto per Bruno Dumont. Il suo primo lungometraggio è una pellicola inquietante, crudele, perché fotografa realisticamente l'assenza assoluta di valori di una generazione perduta, l'anima razzista della Francia profonda. L'ambientazione fatta di strade deserte, desolate, di un paesaggio altrettanto vuoto, silenzioso, in cui il solo rumore percepibile è il rombo assordante delle motociclette, mette bene in evidenza l'isolamento, la monotonia, il vuoto di un'esistenza.
Film duro, bellissimo e, per essere un'opera prima, incredibilmente maturo.

8,5/10
 La vie de Jésus
(1997) on IMDb


musica appropriata: The Drones, How to see through fog

mercoledì 1 maggio 2013

I re e la regina

Encomium moriae


 Film francese del 2004 diretto da Arnaud Desplechin.

Nora ha una relazione con un uomo ricco e gentile. Anche se non lo ama alla pazzia, decide di sposarlo. Nel frattempo il padre, amatissimo, si ammala, ed è in fin di vita. Nora dovrà occuparsi di lui e trovare qualcuno a cui affidare nel frattempo suo figlio. Vorrebbe che ad occuparsi di lui fosse il suo ex marito, Ismael. Ma lui è ricoverato in un ospedale psichiatrico.


Mi chiamavano inadeguatezza. In effetti ero sempre fuori posto, ovunque e sempre. Ed ero pazzo. Va be', non del tutto, non sempre. A sprazzi. Ogni tanto il cervello mi andava in pappa, non ragionavo più, ero capace di qualsiasi cosa. Ma il TSO non me lo aspettavo. E neanche quella dottoressa, così bella, così odiosa. Mi ricordava mia moglie. Mia moglie che aveva ammazzato il suo primo marito. Mi faceva paura. Adesso, qui, in questa bella cameretta d'ospedale, quando apro gli occhi vedo solo il buio e, non vedendo niente, credo di vedere quello che immagino. Una bella sensazione. Mi fa star bene. Sì, credo proprio che questo ospedale faccia per me. Personale simpatico (a parte la dottoressa), pazienti belle e nevrotiche, tranquillità. Rilassamento. Cosa chiedere di meglio? 

Bellissimo film che mescola sapientemente dramma e commedia, tragedia e leggerezza in un continuo andirivieni temporale, senza che questo appesantisca la visione. Per niente. I due mondi, apparentemente contrapposti (quello di Nora e quello di Ismael, suo ex marito) hanno in realtà tantissimi punti in comune, sono compenetrati strettamente. Veramente meravigliosa ed inquietante la citazione  hitchcockiana, affidata al padre di Nora che legge, in punto di morte, le pagine del suo diario in cui parla della figlia tanto amata e tanto odiata. Da brividi.
9/10
 Rois et reine
(2004) on IMDb

musica appropriata: Brown bird, Seven hells