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venerdì 17 maggio 2013

Pandora's box

Il pendolo turco


Film turco del 2008 diretto da Yesim Ustaoglu.

La vecchia Nusret vive in un villaggio sperduto tra le montagne dell'Anatolia. È autosufficiente, il bosco e un piccolo orto le danno da vivere. Un giorno, però, scompare. Le figlie la ritrovano ma, dopo un controllo in ospedale, le viene diagnosticato il morbo di Alzheimer in forma avanzata. Nusret è così costretta ad abbandonare la sua casetta nei boschi e trasferirsi ad Istanbul, in casa della figlia. Ma la città non fa per lei, e i problemi della figlia non la aiutano. Il nipote, in rotta da tempo con la famiglia, decide di riportarla nel suo villaggio.

Una nebbia leggera si stendeva sulla montagna quel mattino d'autunno. Lontano, quasi all'orizzonte, mi sembrava di vedere la sua vecchia figura tremolante, che avanzava a fatica, lo sguardo perso nel vuoto o fra antichi ricordi. Mi piaceva immaginarla inghiottita dalla montagna, ormai parte di essa. Per sempre. Sotto sotto era quel che cercava. L'alzheimer in fondo era stato un dono per lei: non poteva capire questo mondo assurdo, frenetico, che ha perso ogni contatto con i cicli della natura, con la vita stessa. Non avrebbe sopportato i litigi continui, i rancori, i dissapori, le frustrazioni che disgregavano pian piano la sua famiglia. Ormai non mi riconosceva più, ma per me mia nonna era diventata una presenza fondamentale. Nei suoi occhi vedevo la vera innocenza, un candore ormai perduto nel tempo, una vita vissuta in punta di piedi e, proprio per questo, autentica e vera. Tutto ciò mi rinfrancava e mi dava coraggio. Ogni volta che alzerò gli occhi in alto, verso la montagna, non potrò fare a meno di ricordare la mia meravigliosa nonna.

Un bel film sulla malattia, sul disgregarsi dei rapporti familiari, sull'incomunicabilità, sui conflitti generazionali, sui disastri ecologici e umani causati da una urbanizzazione scriteriata. Si parla, in fondo, della Turchia, uno stato a cavallo tra Oriente ed Occidente e per questo pieno di contraddizioni insanabili, diviso com'è tra un passato mitizzato e una modernità mai pienamente accettata. Un paese schizofrenico, laico e fondamentalista allo stesso tempo, in cui il nazionalismo islamico  e una modernità incarnata da valori occidentali corrono su binari paralleli, senza mai veramente incontrarsi. Creando, anzi, cortocircuiti potenzialmente esplosivi.

7,5/10
 Pandora'nin kutusu
(2008) on IMDb


musica appropriata: Ibrahim Tatlises, Su Daglarda Kar Olsaydim

6 commenti:

  1. Mamma mia, il nuovo cinema turco è una miniera! E ho potuto appurare più volte, che anche tu hai una certa predilizione nell'andare a sondare in terreni così culturalmente affascinanti. Me lo segno all'istante, grazie!

    P.S. Ti è arrivata l'email?

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    1. Sì, è una vera miniera. Grandi registi, film sempre affascinanti, una cinematografia viva, che ce la sogniamo.
      Sì, è arrivata. Trovato. Sei gentile.

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  2. me lo segno:)

    ho cercato "Paraisos Artificiales", ma niente.
    come fare, direbbe Lenin?
    come potrei fare, dico io?:)

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  3. Credo di avertelo già detto, ma il cinema turco mi deprime. O, meglio, quello che ti ho rubato mi ha depresso abbastanza: lo trovo disincantato, asciutto e al contempo terribilmente triste. Questo non sembra far da meno, però sembra un film che fa per me sotto tutti i punti di vista: segnato, e come sempre grazie per la chicca.

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    1. Mi sembra strano che il cinema turco non ti riesca a piacere. E' una cinematografia molto varia e, di solito, di qualità eccelsa. Anche questo, comunque, è un film drammatico, e un po' lento. Merita, però, sicuramente una visione.

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