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mercoledì 18 settembre 2013

Daisy Diamond

La bambina che non c'era


Film danese del 2007 diretto da Simon Staho.

Anna ha un sogno: fare l'attrice. Per questo si sottopone a continui provini.  Ma il mondo del cinema è spietato, ottenere una parte è difficile, ancora di più se sei una madre single di una bambina di 4 mesi in continua crisi di pianto. Anna non sopporta più questo incessante pianto disperato. Ma la bambina è reale o è solo parte della recita infinita che è la sua vita?

Un pianto lamentoso, irritante, ad elevata, insopportabile tonalità.  Incessante. Di giorno, di notte, col sole o con la pioggia, non si ferma mai. Un pianto che spezza i timpani, che urta i nervi. Vorresti solo cessasse. Una volta per tutte. Per sempre.

"Volevi essere una madre. Hai avuto paura quando non potevi più tornare indietro, terrorizzata dalla responsabilità. Terrorizzata di perdere il teatro, impaurita dal corpo che si gonfiava. Ma hai continuato ad interpretare la tua parte, quella di una giovane madre in attesa. Hai tentato varie volte di abortire, ma quando hai capito che non potevi più far niente, hai odiato il bambino, hai desiderato che morisse. Quando infine è nato, lo hai guardato con repulsione e hai detto fra i denti: "Muori, ti prego. Muori, subito. Adesso. Ora. Muori, ti supplico!".


I personaggi di cui Anna deve recitare la parte si confondono sempre con la sua vita vissuta; in questo contesto è difficile, se non impossibile, districare questa matassa dove il vero, l'immaginato, il vissuto, il recitato si aggrovigliano inestricabilmente. A confondere ancor più le acque anche il film che Anna guarda incessantemente, "Persona" di Bergman, un film dove la confusione e sovrapposizione di ruoli tra paziente ed infermiera è totale e dove il racconto di un infanticidio in seguito ad una maternità indesiderata ha un ruolo cruciale.
Anche la lenta, inesorabile discesa agli inferi della giovane attrice, che passa da provini per cinema impegnato al porno ed infine alla prostituzione, non è mai chiaro se sia una vera via crucis  o soltanto una finzione, una recita. Dolorosa, realistica, ma sempre una recita. Ad uso e consumo del pubblico pagante o soltanto per placare i propri sensi di colpa? Sensi di colpa vissuti in prima persona o soltanto da un personaggio interiorizzato in maniera perfetta? E, alla fine, quando finalmente riuscirà a vendere i diritti della propria storia, quale personaggio Daisy/Anna/Elisabeth interpreterà?
Forse, però, è una lettura personale e sballata del film. Meglio, sicuramente, leggere qui.

8,5/10
 Daisy Diamond
(2007) on IMDb


musica appropriata: Spectral, Sob story



6 commenti:

  1. Come al solito riesci a essere incisivo con pochissime righe, complimenti: a me, per dire qualcosa di più o meno farneticante, devo sempre annacquare il brodo (grazie per la citazione, a proposito!). Acuto il riferimento a Bergman, però mi hai messo in crisi, e invogliato a rivedere il film, con quell'altra riflessione, la prima: "la bambina è reale o è solo parte della recita infinita che è la sua vita?". Davo per scontato lo fosse, com'è che ti è sorto questo dubbio?

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  2. Grazie a te, per la bella recensione e per avermelo consigliato.
    Può essere,è probabile, che abbia preso una cantonata pazzesca. Ma ho rivisto, reinterpretato il film dalla scena finale, quando nella vasca da bagno, sott'acqua, c'è solo Anna/Daisy. E poi, è strano, come ha fatto a far sparire il cadavere, e poi perché subito dopo l'infanticidio recita la parte dell'assassina pentita, con crisi di coscienza. Ogni volta, o prima o dopo, un avvenimento della sua vita c'è sempre una recita, un provino che lo precede. Cosa è veramente vissuto e cosa solo interpretato? Boh?

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    1. Uhm, mi sa che ci hai preso. Sfortunatamente, Staho non è Fellini, quindi si esime dal terminare il film come, per esempio, Fellini fece con "E la nave va", lasciando così carta bianca allo spettatore, ma credo che la finzione sia comunque il carattere dominante, se non, appunto, l'unico carattere del film. Quindi la domanda, forse, non è cosa c'è di finto ma cosa c'è di reale in DD, e, posto che quella del bambino non sia che l'ennesima finzione, secondo te quali sono le parti non finzionali della vicenda?

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    2. Ecco, è questo il punto!
      Potrebbe essere che quella che appare la vera storia di Anna (l'infanticidio, i provini, lo sprofondare verso la disperazione e il suicidio) sia soltanto parte della sceneggiatura che lei stessa ha scritto, e che riguarda la sua vita? Ma quale vita? Insomma, una specie di uroboro, un nastro di Möbius. Da lambiccarsi il cervello

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  3. Complimenti bombus! Come ho scritto a Yorick, io avevo dubbi nel finale, non ero convinto del fatto che lei si suicidasse veramente, ma che anche quel gesto fosse una rappresentazione, una morte filmica, un'idea che mi si era insinuata dopo l'ultimo dialogo con il regista, proponendole un film sulla propria vita. Mai e poi mai, avrei immaginato che tutta la sua vita, la morte della figlia, tutto insomma, potesse essere "quel" film. Anche secondo me hai centrato perfettamente l'ottica, con una recensione veramente acuta e grandiosa, come sempre :) Bravissimo!

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  4. Che strano film, da non venirne a capo. Perché, se tutta la sua vita, la morte della figlia, è "quel" film, l'unica parte "reale", a rigor di logica, dovrebbe essere proprio la scena finale nella vasca da bagno, ripresa dalle telecamere. Cioè una scena di finzione, "palesemente" recitata.
    Grazie per i complimenti :)

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