Gli abbracci spezzati
Film francese del 1999 diretto da Bruno Dumont.
Il corpo di una bambina viene trovato nelle campagne di una cittadina del nord della Francia. Pharaon è un ispettore di polizia incaricato di far luce sul caso. È un uomo semplice e malinconico, la crudeltà lo sconvolge. Le indagini vanno a rilento e le piste da seguire sono inconsistenti.
Il mondo è bello e crudele. Tanto crudele. Io non sopportavo tutte queste atrocità, mi immedesimavo nella sofferenza e ne uscivo annichilito, a pezzi. Qualcosa dovevo pur fare per placare questo tormento che pesava sulla mia anima. E la facevo: correvo, urlavo, mi sfogavo, davo di matto. Dicevano che ero scemo. Può darsi, che importa. Quando tutto va per il verso storto, ci si abitua a qualsiasi efferatezza, si finisce per vivere come macchine, annientati dalla routine, dalla noia. Tutto si raffredda. Io, però, non mi rassegnerò mai, non potrei sopportarlo. E allora mi astraggo, il mio pensiero vaga, lontano, libero. In una meravigliosa radura, in vallate piene di fiori. Chissà dove. Un giorno farò solo quello che mi sentirò di fare e percorrerò il mondo in lungo e largo, perché è giusto e perché mi appartiene. Un giorno, non oggi.
Incredibile la capacità di Dumont di tratteggiare la psicologia dei suoi personaggi. Alla fine del film è come se li avessi conosciuti di persona. Una capacità che è riscontrabile soltanto in Mike Leigh. Con una differenza sostanziale: i personaggi del regista inglese, pur sfortunati, perdenti, spesso caricaturali, sono sempre positivi, teneri; figure in cui viene spontaneo immedesimarsi. La cosa diviene impossibile, invece, con i protagonisti dei film di Dumont: complessi, pieni di tic, con un passato oscuro, vacui, meschini o crudeli. Pharaon ha lo sguardo spesso perso nel vuoto, sembra assente, ogni tanto abbraccia qualcuno, così, per consolarlo, quasi per riscattare l'intera umanità con il suo gesto. Ma è un abbraccio sterile, grottesco, privo di qualsiasi pathos.
Il cinema di Dumont è un cinema crudele, da prendere a piccole dosi, meglio non esagerare.
9/10
musica appropriata: Josh Ritter, In your arms
Concordo su tutta la linea, specie nel tratteggio finale che sintetizza il cinema di Dumont, un cinema crudele, però, se posso permettermi di aggiungere una cosa, è anche un cinema tremendamente onesto e umile.
RispondiEliminaSì, hai ragione. E' un cinema onesto, autentico, vero. Ce ne fossero registi come lui!
EliminaOk, tra me, te e poor yorick oggi è giornata dumontiana :) Come ti dicevo, tra tutti i suoi film, L'Umanità è quello che non ho ancora inquadrato nel cerchio, ripongo ancora dubbi, lo trovo il più sfuggente e forse, anche il più complesso. Nonostante ciò, mi assale spesso il pensiero di gettarci l'ennesimo sguardo. Hai fatto comunque un'ottima analisi sulla (crudele, è vero) visione di Dumont!
RispondiEliminaSiete fortunati. Camille Claudel dalle mie parti chissà mai se si potrà vedere.
EliminaSì, è un film complesso, ma affascinante. Forse lo hai trovato sfuggente perché ruotava tutto intorno alla figura di Pharaon, un personaggio decisamente singolare, difficile da inquadrare veramente, forse anche un po' viscido. Ma a modo suo.
lo sguardo di Dumont è qualcosa di unico...
RispondiEliminaSì, davvero unico, come quello del protagonista di questo film: perduto nel vuoto, eppure penetrante ed inquietante.
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